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Shogun no Katana: il nostro lungo cammino verso la vetta (del monte Fuji)

“Se punti in alto, magari sopra le nuvole ci arrivi”
(Tambu San)

Shogun no Katana, di Federico Randazzo e P.S. Martensen, è il nostro progetto più ambizioso sotto il marchio Placentia Games: un lavoro epico che ha richiesto 5 anni di sviluppo in parallelo con altri progetti, una campagna kickstarter sontuosa con oltre 2000 backers e circa 150,000 € raggiunti. Sono numeri di cui siamo più che soddisfatti.
Cosa ci ha spinto a credere così tanto in Shogun no Katana e a investirci per così tanto tempo?
Il motivo per cui ci siamo innamorati di questo gioco è proprio per il fatto che ogni idea, fin dal prototipo più grezzo, trasudava l’atmosfera del Giappone feudale, con meccaniche fluide ed eleganti come i più affascinanti lavori di Hokusai. Beh, oltre al fatto che il gioco di per sé ci piace tantissimo!

Volevamo che i giocatori potessero sentirsi dei veri forgiatori di katane, potessero percepire lo spirito di quest’arte nobile e dalle origini lontane.
Con l’intenzione di mantenere questa visione per tutto lo sviluppo, ci siamo attivati da subito per valorizzare l’ambientazione, dando un senso filologico a ogni regola e a ogni componente: Tambu ha effettuato una lunga ricerca, studiando i vestiti, gli attrezzi, gli stemmi delle casate, affinché tutto fosse verosimile e rispettoso del mondo giapponese.

Per sostenerci in questa impresa (perché riuscire a comprendere la ricca tradizione giapponese è un’impresa titanica!) abbiamo chiesto la preziosa consulenza di Dai Kurahara, professore alla Tokyo Denki University, esperto ricercatore di documenti giapponesi e grande appassionato di wargames, e di Silvia Teodora Vallerga, che vive a Tokyo ed è laureata con il massimo dei voti in Storia del Giappone. Grazie a Dai e Silvia abbiamo evitato errori che avrebbero compromesso la veridicità dell’ambientazione: per esempio abbiamo modificato le illustrazioni delle nobildonne rispetto alla prima versione del gioco, poiché erano rappresentate con i capelli raccolti, come si tende a pensare nell’immaginario occidentale, mentre storicamente era tassativo che le donne di alto rango tenessero i capelli sciolti. Inoltre, abbiamo ricevuto preziosi consigli sulla selezione delle quattro risorse principali per la creazione della katana.

A fronte di questo complesso lavoro filologico, può risultare strano che l’idea di inserire le miniature sia venuto solo a metà del processo di sviluppo: fu Federico Randazzo stesso, durante una fiera di giochi, che propose di sostituire i primi componenti in legno con le miniature.
In effetti, era l’ultimo tassello mancante per rendere Shogun no Katana veramente completo: le pedine in legno originali non rendevano giustizia al lavoro certosino di Giorgia Lanza, l’illustratrice che ha trovato il connubio perfetto fra gusto moderno e stile tradizionale. Bisognava rendere reali i personaggi che popolano il gioco, come il Monaco, la Geisha e il Samurai.

Abbiamo quindi, a un passo dall’inizio della campagna Kickstarter, deciso di fermare tutto e di prenderci un altro periodo per affrontare questa nuova sfida.
Ma questa è un’altra storia, che vogliamo raccontarvi con cura nel prossimo articolo 🙂
Non possiamo sapere se Shogun no Katana sarà amato dai giocatori quanto lo abbiamo amato noi. Una cosa è certa: abbiamo messo tutta l’energia e l’impegno per rifinirlo, perfezionarlo, renderlo levigato ed elegante, sia nel gameplay che nell’esperienza materica. Speriamo che tutto questo possa essere percepito da chi avrà la voglia di tuffarsi nell’estremo Oriente, a scolpire e levigare leggendarie katane. Per noi è stato un lungo cammino, che ci ha fatto crescere e ci ha fatto scoprire nuove potenzialità – sicuramente nel mondo del gioco da tavolo, ma forse anche nel nostro mondo interiore.

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